Il principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente: opportunità o limite?

Recentemente sono stati chiesti chiarimenti sul principio di “non arrecare un danno significativo all’ambiente” (in inglese DNSH “do not significant harm”) e se lo stesso debba applicarsi anche ai procedimenti amministrativi per il rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di impianti di rifiuti.

INQUADRAMENTO: Il principio DNSH è stato previsto a livello europeo dal Regolamento sulla Tassonomia.

L’Unione Europea, tenuto conto dell’ambizioso obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ha introdotto la definizione di “attività economica ecosostenibile” basata su sei obiettivi ambientali:

1) la mitigazione dei cambiamenti climatici;

2) l’adattamento ai cambiamenti climatici;

3) l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;

4) la transizione verso un’economia circolare;

5) la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;

6) la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

In forza del Regolamento sulla Tassonomia, un’attività economica è considerata ecosostenibile se contribuisce in modo sostanziale al perseguimento di almeno di uno dei sei obiettivi ambientali senza però arrecare un danno significativo agli altri.

Quindi, per ognuno dei sei obiettivi ambientali il Regolamento ha stabilito dei macro-criteri, per definire quando si possa considerare raggiunto un “contributo significativo” e quando, invece, sussista un “danno significativo”.

LA DEFINIZIONE DI “DANNO SIGNIFICATIVO” : sempre in forza del Regolamento sulla Tassonomia (art.17) un’attività economica arreca un danno significativo quando:

  1. con riferimento alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se l’attività conduce a significative emissioni di gas a effetto serra;
  2. con riferimento all’adattamento ai cambiamenti climatici, se l’attività conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e futuro;
  3. con riferimento all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se l’attività nuoce al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee; o al buono stato ecologico delle acque marine;
  4. con riferimento all’economia circolare, se: i) l’attività conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali in una o più fasi del ciclo di vita dei prodotti, anche in termini di durabilità, riparabilità, possibilità di miglioramento, riutilizzabilità o riciclabilità dei prodotti; ii) l’attività comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili; iii) lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo all’ambiente;
  5. con riferimento alla prevenzione e della riduzione dell’inquinamento, se l’attività comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo rispetto alla situazione esistente prima del suo avvio;
  6. con riferimento alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se l’attività nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi; o nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie
    Tenuto conto della genericità dei suddetti macro-criteri, il Regolamento sulla Tassonomia ha poi attribuito alla Commissione europea il potere di emettere atti delegati per dettagliarli in base alle singole attività economiche.

CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DNSH: Il principio di “non arrecare un danno significativo all’ambiente” trova applicazione anzitutto nell’ambito di operatività del Regolamento sulla Tassonomia il cui obiettivo è quello di incentivare il sistema finanziario ad investire in attività ecosostenibili, evitando fenomeni di Greenwashing.

È sulla base di tale presupposto che la Tassonomia dell’UE obbliga dunque i soggetti operanti nei mercati finanziari (assicurazioni, gestori di fondi, intermediari finanziari, ecc…) che intendono investire in attività ecosostenibili a specificare quali dei sei obiettivi ambientali stanno perseguendo e con quali modalità.

In altri termini, secondo il Regolamento sulla Tassonomia saranno gli operatori finanziari stessi a doversi dotare di un sistema attraverso il quale verificare se le attività economiche nelle quali hanno intenzione di investire contribuiscano ad almeno uno degli obiettivi ambientali, rispettando nel contempo il principio di non arrecare un danno significativo agli altri obiettivi. Da qui la possibilità per gli Stati membri di applicare pesanti sanzioni economiche per pratiche di concorrenza sleale o comunicazione ingannevole laddove gli operatori che intendano investire in attività ecosostenibili forniscano informazioni non veritiere o non rispettose dei criteri della Tassonomia, ponendo di fatto in essere pratiche di greenwashing.

Va comunque precisato che seppur la Tassonomia dell’UE sia rivolta ad incoraggiare la transizione verso la sostenibilità, non impone alcun obbligo di investire in attività ecosostenibili, così come gli investitori sono altrettanto liberi di scegliere in cosa e dove investire.

Ben differente è invece la situazione quando si parli di interventi finanziati dai Piani di Ripresa e Resilienza (meglio noti come Recovery Resilience Plan RRP) proposti dagli stati membri.

In questo secondo caso, infatti, l’Unione Europea ha tassativamente imposto che tutte le misure finanziate dai RRP debbano rispettare il principio di non arrecare un danno significativo ai sei obiettivi ambientali.

In questa seconda ipotesi sarà dunque lo Stato membro a dover condurre un’attività istruttoria finalizzata ad accertare che le singole misure previste dal RRP rispettino il principio DNSH, dovendo in caso contrario bloccare qualsivoglia forma di aiuto.

Da notare, con riferimento all’Italia, che essendo il Piano di Ripresa e Resilienza nazionale comprensivo di investimenti anche in attività non economiche (si veda ad esempio la riforma della Giustizia) il principio del non arrecare un danno significativo all’ambiente ha una portata applicativa più estesa rispetto a quella della Tassonomia che, viceversa, si applica alle sole attività economiche ecosostenibili.

CONCLUSIONI: Rispondendo al quesito rivolto a MVlexstrategy, il principio di “non arrecare un danno significativo all’ambiente” non costituisce ulteriore adempimento amministrativo per il rilascio di autorizzazioni all’installazione di nuovi impianti di trattamento rifiuti, a meno che tali impianti siano oggetto di aiuti provenienti dalle misure del PNRR nel qual caso occorrerà procedere con una specifica istruttoria che, se da un lato potrebbe sembrare un adempimento ulteriore, dall’altro rappresenta una grandissima opportunità poiché consente di accedere agli imponenti aiuti europei del PNRR italiano.

Da non dimenticare che nel caso di interventi rientranti nell’ambito di applicazione del PNRR il rispetto del diritto ambientale nazionale e dell’UE è un obbligo distinto che non esonera dalla necessità di effettuare una valutazione DNSH sebbene quest’ultima valutazione sia una chiara indicazione del fatto che la misura non comporta danni ambientali. La conformità alla legislazione ambientale non implica infatti in modo automatico che la misura rispetta il principio DNSH, in particolare poiché alcuni degli obiettivi ambientali del Regolamento sulla Tassonomia non sono stati ancora pienamente rispecchiati nella legislazione ambientale italiana. Link per approfondimenti