Il principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente DNSH: il procedimento di verifica dei progetti PNRR
I. Introduzione
Nel mese di febbraio abbiamo pubblicato un articolo sul principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente (DNSH), spiegandone la definizione ed il campo di applicazione.
Abbiamo visto come il principio di non arrecare un danno significativo ai sei obiettivi ambientali previsti dal Regolamento sulla Tassonomia europea sia finalizzato a creare regole comuni per individuare quando un’attività economica possa realmente considerarsi ecosostenibile, garantendo in tal modo ai soggetti finanziatori di poter comparare fra loro le attività in cui intendono investire.
Un’attività economica può considerarsi ecosostenibile se contribuisce ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali della tassonomia senza arrecare danno agli altri. Abbiamo anche visto come nel contesto del Recovery Found la Commissione dell’Unione europea ha voluto che tutti gli investimenti dei Piani di Ripresa e Resilienza dei singoli Stati membri debbano rispettare il Principio DNSH.
Per quanto riguarda il PNRR Italiano, la somma degli stanziamenti ammonta a 191,5 miliardi di euro, suddivisi in sedici componenti articolate in sei missioni, con ben 59,47 miliardi destinati alla transizione verde e alla mitigazione dei cambiamenti climatici, compresa la biodiversità.
Ma quale procedimento dovranno seguire le Pubbliche Amministrazioni per valutare se in fase di attuazione i singoli “investimenti” del PNRR rispettino il principio DNSH?
A tale domanda ha dato risposta il Ministro dell’Economia e delle Finanze in accordo con quello della Transizione Ecologica con la “Guida operativa per il rispetto del principio del DNSH” pubblicata con Circolare n. 32 del 30.12.2021 della Ragioneria Generale dello Stato.
II. Procedimento
Anzitutto va ricordato che per ogni “misura” prevista nel PNRR l’Italia ha già effettuato una valutazione preliminare sul rispetto del principio del DNSH attraverso l’utilizzo di schede di auto-valutazione standardizzate impostate sugli orientamenti disposti dalla Commissione con Comunicazione (2021) 1054 final.
Ciò non esclude però che nel sistema multilivello del PNRR, le Amministrazioni competenti all’attuazione dei singoli investimenti siano comunque tenute a verificare in sede di esecuzione dei progetti il rispetto del principio DNSH.
A tal proposito il MEF ha, infatti, evidenziato nella predetta Guida che sarà opportuno “esplicitare gli elementi essenziali necessari all’assolvimento del DNSH già nei decreti di finanziamento e negli specifici documenti tecnici di gara, eventualmente prevedendo meccanismi amministrativi automatici che comportino la sospensione dei pagamenti e l’avocazione del procedimento in caso di mancato rispetto del DNSH. Allo stesso modo, una volta attivati gli appalti, sarà utile che il documento d’indirizzo alla progettazione fornisca indicazioni tecniche per l’applicazione progettuale delle prescrizioni finalizzate al rispetto del DNSH, mentre i documenti di progettazione, capitolato e disciplinare dovrebbero riportare indicazioni specifiche finalizzate al rispetto del principio affinché sia possibile riportare anche negli stati di avanzamento dei lavori una descrizione dettagliata sull’adempimento delle condizioni imposte dal rispetto del principio”.
Entrando più nel concreto la “Guida operativa per il rispetto del principio del DNSH” prevede due tipologie di “regimi”:
- regime 1 nel caso in cui l’investimento contribuirà sostanzialmente al raggiungimento dell’obiettivo della mitigazione dei cambiamenti climatici (c.d. tagging climatico); che si ricorda essere uno dei sei obiettivi ambientali previsti dal Regolamento europeo sulla Tassonomia;
- regime 2 nel caso in cui l’investimento si limiti a “non arrecare danno significativo” ai sei obiettivi ambientali previsti dal Regolamento europeo sulla Tassonomia (ossia: alla mitigazione dei cambiamenti climatici; all’adattamento ai cambiamenti climatici; all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine; alla transizione verso un’economia circolare; alla prevenzione e la riduzione dell’inquinamento; alla protezione ed al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi). ù
La Guida contiene poi una tabella in cui: nella parte verticale sono indicati tutti i 151 investimenti e le 63 riforme delle 16 componenti del PNRR, mentre nella parte orizzontale è riportato il nominativo delle 29 schede che sono poi descritte nel prosieguo del documento. Nella riga di ogni singolo investimento è inoltre indicato il regime da applicare (regime 1 o regime 2).
La tabella consente dunque alle Pubbliche Amministrazioni chiamate a monitorare l’attuazione dell’investimento di individuare quali delle 29 schede della Guida applicare al caso di specie e, conseguentemente, quali criteri applicare per verificare se l’intervento, ante e post operam rispetti il principio DNSH e se contribuisca in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti ambientali qualora trattasi di investimento in regime 1.
Ad esempio, ipotizzando che una Pubblica Amministrazione sia chiamata a verificare il rispetto delle previsioni del PNRR in un procedimento amministrativo per la realizzazione di un progetto agro-voltaico aggiudicatario di finanziamento in forza di bando emesso per la missione M2 componente C2 investimento 1.1 occorrerà:
- prima di tutto prendere atto che tali tipologie di progetto devono rientrare nel regime 1 per quel che riguarda l’intervento principale;
- quindi scorrere la riga della tabella relativa agli investimenti “sviluppo agro-voltaico” per verificare quali schede devono essere applicate; scheda 5 “interventi edili e cantieristica generica” e la scheda 12 “produzione di elettricità da pannelli fotovoltaici”; intervento quest’ultimo che evidentemente dovrà considerarsi quale intervento principale rispetto a quello accessorio della cantieristica;
- infine, applicare i criteri di verifica della scheda 5 e della scheda 12, eventualmente anche seguendo la checklist allegata alla Guida stessa.
Proseguendo nell’esempio, in forza della scheda 5 (gestione del cantiere) l’Ente pubblico, in relazione all’obiettivo ambientale della “transizione verso l’economia circolare” (che si ricorda essere solamente uno dei sei obiettivi) dovrà verificare che almeno il 70% dei rifiuti C&D venga avviato al recupero o ancora, in relazione all’obiettivo dell’”uso sostenibile delle acque” che l’impresa presenti un dettagliato bilancio idrico premurandosi di ottimizzare l’uso della risorsa ed il recupero delle acque. O ancora, in forza della scheda 12 (che si riferisce all’intervento principale) l’Ente pubblico dovrà verificare con riferimento all’obiettivo ambientale dell’adattamento ai cambiamenti climatici che in fase di progettazione sia stata condotta un’analisi dei rischi climatici fisici in funzione del luogo di ubicazione.
Altro esempio: se un investimento del PNRR prevede la realizzazione di un impianto di recupero di rifiuti e se tale investimento è stato concepito per il tagging climatico (quindi è in regime 1 poiché intende contribuire in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici), applicando la scheda 17 occorrerà dimostrare che l’impianto è in grado di convertire almeno il 50% dei rifiuti in ingresso provenienti da raccolta differenziata in materie prime secondarie idonee alla sostituzione di materiali vergini in processi di produzione. Inoltre la documentazione di progetto dovrà attestare l’impiego di mezzi ecologici rispondenti ai criteri definiti alla scheda 09 e scheda 29 della Guida.
Ma come fare per la valutazione di quegli obiettivi ambientali, quali ad esempio l’adattamento ai cambiamenti climatici, per i quali non esistono ancora regole normate?
In tal caso la Guida rimanda all’appendice A del Regolamento delegato (UE) 2021/2139 della Commissione del 4 giugno 2021 che, seppur in modo generico individua gli oggetti dell’indagine in base ai cambiamenti climatici da analizzare (temperatura, venti, acque, massa solida) ed alla loro natura (cronica o acuta). Così ad esempio nell’analizzare l’adattamento del progetto ai venti si dovrà studiare il cambiamento del regime dei venti e se l’area è stata oggetto (o potrebbe esserlo) di fenomeni acuti quali trombe d’aria, cicloni, tempeste.
Ove poi l’opera sia oggetto di procedura di VIA, VAS o di autorizzazioni ambientali (AIA o AUA) tali verifiche dovranno essere effettuate già all’interno della procedura medesima, con la conseguente implicazione per cui, il soggetto promotore già in sede di presentazione della domanda dovrà fornire tutta la documentazione idonea a dimostrare di aver applicato i criteri previsti nelle schede della Guida.
In conclusione, anche se molti dei criteri previsti dalle schede della Guida oggetto dello studio odierno, altro non sono che l’applicazione di prescrizioni già normate, i procedimenti amministrativi per la verifica della rispondenza degli investimenti attuativi dei progetti del PNRR al principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente e del perseguimento del tagging climatico, inevitabilmente necessiteranno di un approfondimento istruttorio per il quale però il Ministero dell’Economia e delle Finanze in collaborazione con quello della Transizione Ecologica ha già fornito la specifica metodologia di verifica di cui si è detto accompagnata da apposite checklist di controllo.
A parere di chi scrive sarebbe stato preferibile pubblicare la Guida sotto forma di Decreto ministeriale, anziché di mera circolare, questo avrebbe, infatti, permesso una maggior certezza di diritto per tutti gli attori coinvolti nell’attuazione degli investimenti del PNRR, probabilmente però, l’esigenza di celerità e di rispetto delle stringenti tempistiche dettate dall’Unione europea ha spinto in direzione diversa.
Resterà ora da vedere se le Pubbliche Amministrazioni e gli attori promotori degli investimenti PNRR riusciranno ad adattarsi velocemente al percorso di verifica del principio di non arrecare un danno significativo ai sei obiettivi ambientali della tassonomia, oppure, se l’assenza di una prassi già consolidata e normata, accompagnata in molti casi dall’accorciamento dei termini procedimentali, porterà ad un irrigidimento dei procedimenti per paura di sbagliare; ipotesi quest’ultima però che il Sistema Italia non si può permettere.
L’attivazione di un atteggiamento partecipativo, ma soprattutto collaborativo, fra gli attori degli investimenti del PNRR diviene dunque la parola d’ordine per il buon esito del Piano stesso e per il rilancio del nostro Paese.